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al testo di Maurizio Paganelli
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Vecchi conversano appesi alle reti di orti minuti. Cespugli di more anneriscono e pungono le dita. Restano a guardia pochi fichi d'India di uva che pare bagnarsi in mare. Gli altoparlanti delle spiagge filtrano nel fitto argento verde delle olive. Volendo giungere in cima si deve resistere a un'angoscia di cicale. La teleferica in disuso cigola e il vento che la dondola non è che un fruscio di cinghiale fra ginepri per metà rosi dal fuoco. Benché d'agosto, il sole è tardo e poco. Eppure, gramo e rosso, il sentiero è quello giusto. Su terre alte ho deposto per te un sasso, quel figlio al quale non daremo un nome. Da qualche tempo vivo all'aria aperta, senza contare i passi né parlare. Nemmeno do calci a vuoti barattoli: l'occhio mi rotola in nascondigli o sale oltre la chioma delle nuvole e la mente si stende bianca al sole. |
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